Sentire sul piede un tocco alla mano
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 27 aprile 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio
dei soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La precisa localizzazione topografica sulla superficie cutanea del punto in
cui siamo toccati da qualcosa è abitualmente considerata come la prestazione fisiologica
di un’abilità derivante dalla percezione tattile epicritica, mediata dalla via
spino-bulbo-talamo-corticale dei fascicoli gracile di Goll e cuneato di Burdach[1], e basata sulla rappresentazione somatotopica della corteccia del giro post-centrale,
integrata dalle sintesi stereognosiche corticali.
L’efficienza percettiva, sia per sensibilità del rilievo sia per
discriminazione tra due punti, in condizioni fisiologiche e su gran parte della
superficie cutanea, è veramente notevole. Eppure, è noto in neurologia e nella
sperimentazione neurofisiologica che, a parte i deficit e le alterazioni
prodotte dalla patologia, si conoscono numerose condizioni e casi normali in
cui si registra la fallacia nel rilievo, nel riconoscimento o nella
localizzazione dello stimolo. Le basi della coesistenza tra prestazione
percettiva ottimale e sue eccezioni, così come le ragioni delle percezioni paradosse o sintomatiche, sono oggetto di intensi studi.
Attualmente si ritiene che la sede in cui percepiamo una sensazione di
contatto dipenda dalle mappe topografiche del sistema nervoso centrale che
codificano la localizzazione tattile sulla superficie cutanea e, in via
subordinata, dalla posizione dell’area cutanea nello spazio. Ma le percezioni tattili
atipiche di alcune patologie neurologiche e le sensazioni riferite ad un arto
amputato, non sono spiegate né dalle rappresentazioni somatotopiche
né da quelle dello spazio esterno. Ad esempio, il riferimento della sensazione
di essere toccati ad una mano amputata o anestetizzata, dopo la stimolazione di
un piede o della mano controlaterale, sembra contraddire i principi della
neurofisiologia sul ruolo delle rappresentazioni topografiche per il
riconoscimento della sede di contatto.
Questo problema è stato affrontato da Badde, Röder e Heed in uno studio che ha
ottenuto risultati di notevole interesse.
(Badde S., et al. Feeling a Touch to the Hand on the Foot. Current Biology – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.cub.2019.02.060, 2019).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Psychology and Center of Neural
Sciences, New York University, NY (USA); Biological Psychology and
Neuropsychology, University of Hamburg, Hamburg (Germania); Biopsychology &
Cognitive Neuroscience, Bielefeld University, Bielefeld (Germania).
L’arto fantasma, ossia dolore ed
altri sintomi percepiti come provenienti da un arto amputato o perso per cause
traumatiche, ha rappresentato una grande sfida terapeutica, ma lo studio dei
meccanismi che generano tali sensazioni anomale ha consentito di comprendere
aspetti sconosciuti dell’elaborazione delle percezioni somatiche. Le stesse
tecniche di terapia fisica dell’arto fantasma, basate sull’impiego di specchi e
realtà virtuale, hanno introdotto nuovi standard di studio e favorito
l’acquisizione di nuove nozioni.
Il fenomeno non è raro, come si credeva un tempo: oltre il 90% di coloro
che hanno subito un’amputazione sente spesso l’arto ancora presente e, in molti
casi (circa il 70%), tale percezione si associa ad una forma di sofferenza
fisica e psichica[2]. Conosciuto già in epoca medievale,
è descritto in medicina per la prima volta dal chirurgo militare francese Ambroise Paré nel 1500, ma solo nel 1866 compare la prima illustrazione
sistematica del fenomeno in un resoconto clinico intitolato Il caso di George Dedlow
e attribuito a Silas Weir Mitchell, che nel 1872
introdusse l’espressione “Phantom limb”[3]. Da allora, fisiologi e psicologi
si sono cimentati per generazioni con il problema dell’interpretazione
dell’arto fantasma, che è divenuto, di volta in volta, ostacolo o fulcro di
ipotesi, teorie e modelli dello schema
corporeo e del modo in cui la percezione del corpo crea la realtà del sé[4].
Lo studio delle cause di questo fenomeno, così come la ricerca delle
ragioni degli errori di identificazione delle sedi di percezione determinati da
numerosi tipi di lesioni cerebrali o da patologia neurologica, hanno
contribuito al lento e difficile progresso delle conoscenze in questo campo,
nel quale mancano ancora certezze circa i processi operanti e l’efficienza
nell’esercizio dell’abilità di localizzazione in condizioni normali.
Badde e colleghi hanno analizzato la
capacità fisiologica di rilevare correttamente la sede della percezione
tattile, e in tali osservazioni hanno scoperto problemi anche in adulti
perfettamente sani, che in numerosi esperimenti attribuivano il tocco ricevuto
all’arto sbagliato.
In particolare, i partecipanti ricevevano due stimoli tattili su due diversi
arti, mano o piede, e dovevano riferire quale dei quattro arti fosse stato
stimolato per primo. I ricercatori, per dissociare le rappresentazioni mentali
basate sul corpo da quelle basate sullo spazio esterno, hanno sperimentato sia
una posizione delle estremità con mani e piedi disposti nell’antimero
omolaterale, sia la condizione dell’incrociamento, con mani e piedi incrociati,
così da occupare la sede spaziale dell’antimero controlaterale. Impressionante
il risultato: i volontari partecipanti all’esperimento regolarmente
attribuivano il primo tocco ad un arto che non aveva ricevuto nessuno dei due
stimoli!
Significativo anche il profilo d’errore: l’arto non stimolato che
erroneamente veniva indicato dai partecipanti per primo, corrispondeva a quello
giusto, realmente toccato per primo, o per tipo (braccio-braccio, gamba-gamba)
o per lato (destro-destro, sinistro-sinistro). L’errore di attribuzione del
tocco poteva indicare un differente tipo di arto (braccio per gamba) o un
antimero differente (destro per sinistro), soltanto se le estremità erano
disposte secondo l’orientamento canonico per lato dello spazio, ossia default place.
La localizzazione del tocco rispetto allo spazio esterno è risultata
irrilevante.
Questi errori, nel corso delle prove sperimentali, si sono ripetuti in
differenti contesti, e la resa in modelli li associava più all’evidenza
sensoriale che a strategie decisionali.
Rimandando alla lettura integrale del testo del lavoro originale per i
dettagli delle procedure e delle prove, si possono così sintetizzare le
conclusioni: i risultati di questo studio evidenziano l’importanza dell’identità della parte del corpo toccata e
della localizzazione canonica, mentre
mettono in crisi il ruolo tradizionalmente attribuito alle rappresentazioni
tattili dello spazio esterno nell’identificazione della sede corporea della
percezione.
L’autore
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per
la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Roberto
Colonna
BM&L-27 aprile
2019
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of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle
Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice
fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] È la via dei cordoni posteriori spinali del lemnisco mediale, che ascende dal protoneurone gangliare con stazione nei nuclei gracile e cuneato del bulbo, dai quali converge sul nucleo ventro-postero-laterale del talamo, che invia assoni alle aree somestesiche primaria, secondaria e, solo per la testa e il tronco, terziaria.
[2] Cfr. L’Arto Fantasma. BM&L-Italia,
Firenze 2008, nella sezione “IN CORSO” del sito. Si consiglia la lettura
integrale di questo saggio, perché ancora attuale nei contenuti e fra i pochi
con questo livello di dettaglio e di esposizione ragionata.
[3] Cfr. L’Arto Fantasma, op. cit.
[4] Cfr. L’Arto Fantasma, op. cit.